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Psicoterapia sull’omofobia


Senza alcun indugio, chiariamo subito un punto fondamentale: l’omosessualità NON è un disturbo psichiatrico o una malattia! Pertanto, non ne stiamo parlando perché necessita di un trattamento, oltretutto, non esistono neanche prove scientifiche che supportino l’efficacia di un trattamento mirato a cambiare l’orientamento sessuale. Contrariamente a quanto era stato inizialmente dichiarato dalla comunità scientifica e non, nel 1973, l’American Psychiatric Association (APA) rimosse l’omosessualità dalla lista delle patologie mentali incluse nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali (DSM).

Essenzialmente alcune persone sono attratte dallo stesso sesso, per lo stesso motivo per cui altre persone sono attratte dal sesso opposto: per il proprio orientamento sessuale. Non è noto cosa determini l’orientamento sessuale, nonostante la ricerca abbia cercato delle spiegazioni psicologiche, sociali, genetiche, ormonali e culturali. Ciò su cui gli scienziati concordano è che non è una scelta, né di una malattia, si prova attrazione emotiva, romantica e/o sessuale e basta.

A cosa serve una psicoterapia sull’omofobia o rivolta a clienti omossessuali?

Se l’omosessualità non è una malattia, allora perché ne stiamo parlando qui? Perché ci sono aspetti emotivi e psicologici legati all’accettazione del proprio orientamento sessuale, e al suo riconoscimento da parte del mondo esterno, che potrebbero causare sofferenza e disagio, e che un professionista, dovrebbe essere pronto ad accogliere.

L’omofobia può riguardare non solo la società (omofobia sociale), ma anche chi scopre di essere omossessuale (omofobia interiorizzata), e inizialmente fa fatica ad accettare con serenità, e a integrare, il proprio orientamento sessuale, con la propria personalità. Tale difficoltà potrebbe essere causa di sofferenza e disagio, minando l’immagine positiva di sé stessi e favorendo l’insorgenza di condizioni più significative.

L’omofobia interiorizzata è proprio il risultato dell’accettazione passiva (consapevole e soprattutto inconsapevole) da parte delle persone omosessuali, di tutti i pregiudizi, i comportamenti e le opinioni discriminatorie tipici della cultura omofoba in cui siamo immersi e che incide profondamente, sul benessere e sulla salute mentale e fisica delle persone omosessuali.

La terapia può quindi essere di aiuto in questa fase di accettazione del proprio orientamento sessuale, ristrutturando tutte quelle credenze disfunzionali, legate a gay/lesbiche, che alimentano pregiudizi e stereotipi negativi, e che rendono più difficile e doloroso questo processo.

Un altro momento in cui il sostegno dato dalla terapia, può rivelarsi utile, è la fase del coming out, ovvero il processo attraverso cui le persone gay, lesbiche e bisessuali scelgono di rivelare il proprio orientamento sessuale alle altre persone, amici, familiari, colleghi di lavoro, ecc. Fare coming out, avvia un vero e proprio percorso di affermazione di sé stessi, non solo verso l’esterno, ma anche verso l’interno, rivolto al proprio senso di identità. Provate ad immaginare quanto potrebbe essere difficile e doloroso, ammettere di essere qualcuno che normalmente, nella società odierna, viene deriso, denigrato, offeso e valutato negativamente, come una persona deviata o malata. Ci sono anche studi che hanno evidenziato una correlazione tra, il tenere nascosta la propria identità sessuale e la maggiore comparsa di sintomi ansiosi, depressivi e anche somatici come: mal di testa, tremori, scarso appetito, perdita di peso, tachicardia, disturbi del sonno, vertigini; fino a favorire vere e proprie patologie fisiche come sinusiti, bronchiti, cancro alla pelle o all’accelerazione della progressione dell’HIV.

Ricevere un sostegno in questo percorso delicato, potrebbe rappresentare una vera e propria boa di salvataggio. L’accettazione e l’integrazione dell’identità omosessuale all’interno della propria vita favorisce il benessere personale e migliora la salute mentale e fisica. Diverse ricerche hanno dimostrato i benefici che derivano proprio dalla capacità di accettazione e integrazione, ad esempio: un aumento dell’autostima, della qualità della vita e della soddisfazione a lavoro, una riduzione dei livelli di ansia, depressione, rabbia, senso di solitudine, un aumento delle risorse di adattamento e di resilienza.

Infine, un’altra condizione legata alla necessità di poter richiedere l’aiuto di un professionista, è legata al cosiddetto “minority stress”, ovvero lo stress che deriva dalla presenza di una disparità sociale, economica, lavorativa, culturale e psicologica, in popolazioni considerate appunto minoranze, e che vengono discriminate, in questo caso, per il proprio orientamento sessuale. La letteratura scientifica internazionale ha dimostrato che le persone gay e lesbiche riferiscono minori livelli di benessere e una peggiore qualità della vita rispetto alle persone eterosessuali, e questa disparità, viene spiegata proprio dal minority stress. Questo significa che tutte le discriminazioni, le emarginazioni e i maltrattamenti subiti dalle persone omossessuali, costituiscono una forte fonte di stress che può avere conseguenze negative sul benessere della persona: bassa autostima, comportamenti a rischio, ansia, depressione, difficoltà relazionali e distress emotivo.

Chiedere aiuto e prendersi cura di sé, diventa un diritto imprescindibile, dalla propria razza, etnia, religione, età, genere, identità di genere o orientamento sessuale.


Dr.ssa Josephine Calefati
Psicologa Psicoterapeuta a Fasano (BR)


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